Vietri sul Mare
Vietri è conosciuta sin dall’antichità come città etrusca. Successivamente il sito fu occupato dai Sanniti, dai Lucani e poi dagli antichi Romani. L’arte della fabbricazione della ceramica risale a tempi antichissimi e si è perfezionata nel tempo fino alla produzione di oggetti che sono degli autentici capolavori, apprezzati in tutto il mondo.
La ceramica è dappertutto. Si può girare per ore a leggere e osservare la storia della vita quotidiana dei vietresi (e dei marinesi – così sono chiamati gli abitanti della Marina) dipinta sulla ceramica. Le decine di botteghe vendono di tutto. Vale la pena di visitarle tutte, perché ognuna ha il proprio laboratorio, le proprie idee e i propri colori: e oltre ai piatti del classico “buon ricordo”, alle mattonelle, ai portavaso, alle tazzine e ai bicchieri da limoncello, ai lumi, alle lanterne e ai posacenere, spuntano i “coccetti profumati”, impregnati chissà come degli odori della Costiera.
E ancora: crocifissi colorati, uova portafortuna, portafiammiferi, anfore e soprammobili, ma anche colamozzarelle e spugnabiscotti, tisaniere e caffettiere napoletane. Si trova ceramica persino sulle spiagge se si scava la terra: variopinti cocci di “riggiole” – le piastrelle – di piatti, di statuine: frammenti di una tradizione che risale alla costruzione di fornaci romane. Sul mare nacquero ceramisti incredibilmente bravi. Tra gli anni Venti e Quaranta del secolo scorso lavorarono insieme con gli artisti tedeschi che erano stati richiamati dalla luce della Costiera Amalfitana, dal sole, dal profumo dei limoni e dalla personalità di Richard Dolker, maestro delle Kunstwerbeschule di Stoccarda.
Il gusto neoromantico della colonia di artisti tedeschi rese celebre la figura dell’asinello che da allora è il decoro ceramico più venduto. Dalle fabbrche di ceramica di Vietri sul Mare, Cava de’ Tirreni ed Amalfi, iniziò un flusso di prodotti ceramici che raggiunse il suo apogeo intorno al XV secolo, irradiandosi su un vastissimo territorio: si trattava prevalentemente di oggetti destinati ad un uso domestico o di contenitori indispensabili per il trasporto ed il commercio delle produzioni locali: dall’olio al vino, all’acqua di rose prodotta ad Amalfi.
Fu intorno al ‘600 che la produzione ed il decoro della ceramica iniziò ad articolarsi anche come confezione di pavimenti, dei quali sono giunte a noi testimonianze illustri come il pavimento in cotto raschiato che si trova nell’antica sala della biblioteca della Certosa di Padula. Tra l’Ottocento ed il Novecento, attraverso alterne vicende, la produzione artigianale raggiunse caratteristiche qualitative e dimensionali che oggi sono note con una denominazione che è garanzia di qualità e tradizione: la ceramica vietrese, appunto.
Alla ceramica Vietri sul Mare ha dedicato due spazi espositivi. Il Museo della Ceramica Vietrese, ospitato all’interno del complesso di Villa Guariglia a Raito, fastosa residenza estiva di Raffaele Guariglia, ambasciatore d’Italia, dell’Ordine di Malta, nonché ministro degli Esteri del primo governo Badoglio. Il Museo Cargaleiro, nato nel 2003 grazie a un progetto della Provincia di Salerno e dell’artista portoghese Manuel Cargaleiro. Nel Museo, ospitato all’interno del Palazzo dei Duchi Carosino in corso Umberto I, sono esposte opere di artisti provenienti da tutti i paesi del Mediterraneo, che raccontano le proprie culture interpretando in chiave moderna l’antica arte della ceramica. Ma Vietri è, fin dai tempi dell’antica Marcina, soprattutto un borgo marinaro.
Le vecchie carte nautiche indicavano la radavietrese come punto di riparo dal vento di libeccio, tanto che ancora oggi nelle case e nelle chiese si trovano piccoli vascelli di argilla, ex voto per gli scampati naufragi. Oggi l’antica città di mare etrusca che si sviluppò tra il VII e il IV secolo avanti Cristo e poi fu distrutta dai Vandali e abbandonata, vanta una lunga striscia di spiaggia attrezzata. Dai Due Fratelli, gli scogli simbolo di Vietri, alle spiagge della Crestarella con la torre del Cinquecento, alla Bagnara, a Marina d’Albori, all’Acqua del Fico, al Fuenti. Non mancano le testimonianze storiche, artistiche e architettoniche di uno splendido passato. Della straordinaria Cupola della Collegiata di San Giovanni Battista si è già detto.
All’interno, il tempio custodisce una serie di pregevolissimi altari in ceramica riccamente decorati e preziosi dipinti di Andrea Sabatino, Francesco Solimena, Pietro De Rosa e Lorenzo Fiammingo. Felicissimo intreccio di stili, dal romanico, al rinascimentale e al barocco, la chiesa è stata interessata da numerosi restauri. Tra la Cupola e l’alto campanile, sorge Palazzo della Guardia, l’Arciconfraternita, che presenta un bellissimo pavimento in maiolica. Il palazzo è un esempio di quell’arte barocca testimoniata anche dai palazzi De Simone, Del Plato e Punzi. Il territorio di Vietri sul Mare è articolato in sei borghi. Della Marina si è già abbondantemente detto. Gli altri sono: Albori, Raito, Benincasa, Dragonea e Molina. Albori, a 3 chilometri dalla Marina, è un grappolo di case appeso ai pendii della Costiera amalfitana, quasi tutte sormontate da cupole di sapore arabo, di fronte all’anfiteatro naturale rappresentato dalle gole del Falerio.
Un piccolo capolavoro di urbanistica, inserito dal Touring Club nell’elenco dei borghi più belli d’Italia. Su una di queste terrazze affacciate sull’incanto della Costa Diva, nelle sere d’estate si può gustare una caratteristica “bruschetta” (fette di pane abbrustolite condite con i prodotti tipici locali) sorseggiando un frizzante vinello e facendosi conquistare dal fascino dei luoghi. Molto bella la Chiesa di Santa Margherita di Antiochia (XVI secolo), da non perdere un’escursione naturalistica alla Sorgente di San Cesareo. Raito è introdotto da un pannello di ceramica, firmato Giancappetti, che informa i visitatori della salubrità dell’aria. Appollaiato su una collina a due chilometri dal centro di Vietri, questo caratteristico borgo ha origini antichissime e ospita due bellissime chiese. Quella dedicata al culto di Santa Maria delle Grazie ha al proprio interno elementi romanici e barocchi e ospita la Cappella detta Monte dei Marinai impreziosita da affreschi della Scuola del Solimena.
La chiesetta di San Vito fa parte del complesso di Villa Guariglia. Dal rigoglioso parco della residenza dell’ambasciatore si gode una vista incantevole del golfo di Salerno. Benincasa, altro borgo collinare, è meno charmant di Albori e Raito, ma offre comunque una veduta mozzafiato dell’intera Costiera amalfitana. Una decina di edicole votive disseminate lungo le stradine del paese testimoniano la devozione degli abitanti a San Francesco di Paola, che si sarebbe raccolto in preghiera nella seicentesca chiesa della Madonna delle Grazie durante un pellegrinaggio di fede nel Sud Italia. All’interno del tempio c’è un quadro che sarebbe una sorta di autoritratto del Santo, anche se non ci sono certezze. Sull’altare maggiore, molto bello un paliotto con un bassorilievo raffigurante la Visitazione. Dragonea è la più alta delle frazioni di Vietri.
Qui è nato Gabriele Fasano, che nel 1689 tradusse in napoletano “La Gerusalemme Liberata” del grande sorrentino Torquato Tasso. Il borgo cominciò a svilupparsi durante il periodo delle invasioni barbariche della Marina. Il nome viene fatto risalire alla posizione geografica, oltre il fiume Bonea, che è il corso d’acqua che attraversa Vietri. Da visitare l’antica chiesa (XI secolo) di San Vincenzo. La chiesa parrocchiale di San Paolo, riconsacrata solo una trentina d’anni fa, conserva l’altare maggiore settecentesco, sovrastato da due tele raffiguranti la conversione di San Paolo e la Pentecoste; la scala di accesso è in pietra vesuviana, le decorazioni del soffitto sono in oro.
Il borgo offre la possibilità di salutari escursioni naturalistiche attraverso la gola di San Cesareo, strada di collegamento montana con l’Avvocatella di Cava de’ Tirreni. Molina deve il nome all’antica presenza di mulini ad acqua, che erano alimentati dai numerosi affluenti del fiume Bonea. Conserva i resti di un antichissimo acquedotto (Ponte del Diavolo), ai piedi del quale sorge la caratteristica chiesetta della Madonna dell’Arenella. Per il resto, la frazione è stata quasi completamenteri costruita dopo la tremenda alluvione che colpì Salerno nel 1954 e che qui produsse danni ingenti.
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