Real Belvedere San Leucio
San Leucio è un esempio concreto di come i Borbone costruivano i nuovi borghi per sperimentare impianti industriali, basandosi sulla autonomia industriale.
Il sito fu acquistato da Carlo di Borbone nel 1750, ma fu suo figlio Ferdinando a volere qui un grande setificio, i cui prodotti divennero famosi e richiesti in tutto il regno per l’alta qualità. Re Ferdinando IV trasformò quella che era una riserva di caccia in un modello di industria serica, che considerò il maggior sito di produzione del regno, tanto da trasferirsi qui per un periodo in modo da seguire da vicino i lavori.
Il suo interesse specifico, più da imprenditore illuminato che da Re, era costruire un centro produttivo all’avanguardia che potesse divenire uno strumento per la crescita del Sud. Il sito iniziò a crescere e presto furono necessari lavori di ampliamento.
Venne ristrutturato il Belvedere e realizzati la filanda, il filatoio e vari opifici. Ferdinando IV mise a disposizione degli artigiani i più recenti ritrovati tecnici e i più moderni macchinari, tra cui il filatoio ad acqua e il mangano a ruota idraulica.
Nei sotterranei un complesso sistema di ruote e leve, mediante la forza motrice dell’acqua proveniente dall’acquedotto, metteva in moto tutta la rete e azionava telai e macchine per la lavorazione dei tessuti. Si procedette così alla formazione di maestranze specializzate.
Ferdinando IV costituì la Colonia di San Leucio, ovvero un’entità autonoma (si è parlato di “Ferdinandopoli”), con uno statuto dedicato che fece del sito uno degli esperimenti sociali più all’avanguardia d’Italia. La politica riformatrice del codice delle leggi è visibile anche nell’aspetto architettonico e urbanistico del borgo, non ispirato all’assolutismo monarchico ma ai principi di uguaglianza.
La città è organizzata infatti con la piazza della seta al centro e il portale settecentesco, che dà accesso alla reggia-filanda e ai quartieri con le case operaie. Ma il sogno di una città ideale con teatro, ospedale, cattedrale e aree verdi finì con la fine del Settecento e l’avvento della Rivoluzione francese. Sono rimasti il borgo e soprattutto gli artigiani e i maestri che ancora tessono la seta. Sito incluso nel circuito Campania Artecard.