Museo Speleo Archeologico
Il Museo speleo-archeologico, nel centro del paese di Pertosa, rappresenta il punto di arrivo di una vicenda scientifica iniziata alla fine dell’Ottocento, quando emerse per la prima volta lo straordinario interesse archeologico delle Grotte di Pertosa- Auletta. Le indagini condotte da due pionieri, Giovanni Patroni e Paolo Carucci, portarono al rinvenimento di migliaia di reperti sepolti nei limi del fiume che scorre nella grotta e, fatto ancora più eccezionale, permisero di scoprire due livelli sovrapposti di antiche palafitte costruite all’interno della cavità. Le ricerche si interruppero nei primi anni del Novecento a causa della totale sommersione del giacimento: una diga eretta all’entrata della cavità, imbrigliando le acque per sfruttarle a fini idroelettrici, precluse ogni nuova indagine per molti decenni a venire. Solo nel 2004 gli archeologi sono ritornati nella grottae il Museo speleo-archeologico è il luogo in cui tali conoscenze sono state organizzate per essere fruite dal grande pubblico. I suoi allestimenti raccontano in modo piano, facilmente comprensibile a tutti, le peculiarità della grotta, la storia delle esplorazioni, i tratti fondamentali delle antiche frequentazioni umane. Tutto ciò mediante un apparato espositivo che predilige, a livello comunicativo, le riproduzioni di scenari e momenti di vita preistorica in scala reale e che, al tempo stesso, fornisce agili informazioni attraverso stazioni multimediali interattive, brevi documentari tematici e pannelli esplicativi con testi in lingua italiana e inglese. Una selezione mirata di manufatti archeologici documenta infine le fasi di più intensa presenza umana nella cavità, dall’età protostorica all’epoca greco-romana.
LA PALAFITTA PROTOSTORICA
La ricostruzione in scala reale illustra il modo in cui era realizzata la cosiddetta “palafitta superiore”, vale a dire il livello palafitticolo più prossimo alla superficie del giacimento archeologico. La struttura lignea è messa in evidenza grazie ad uno spaccato artificiale che mostra incastri e appoggi delle palificazioni, verticali ed orizzontali. Sul piano transitabile della palafitta, sopra una superficie costituita da varie essenze vegetali mescolate a terra, è quindi rappresentata una scena di vita quotidiana ambientata attorno a 3500 anni fa.
LA STRATIGRAFIA ARCHEOLOGICA
Gli scavi condotti alla fine dell’Ottocento permisero di esplorare il deposito archeologico fino alla profondità di circa 3 metri, palesando la sovrapposizione di una serie di strati così come gli stessi si erano formati nel corso delle varie epoche. La riproduzione in scala reale di questa stratigrafia, nata dai disegni e dalle osservazioni effettuate dai primi studiosi oltre un secolo fa, è presentata oggi nel museo in scala reale. Un grande plastico ricostruttivo visibile da due lati mostra la sequenza stratigrafica corrispondente ad un lasso di tempo di circa 3000 anni, dall’età del Bronzo, in basso, al medioevo, in alto. Oggetti tipici delle varie età spuntano dai sedimenti stratificati richiamando quelli che sono stati realmente recuperati durante gli scavi. Un doppio livello di pali lignei scuri evidenzia la presenza delle strutture palafitticole.
LA “STIPE INTERNA”
Il carattere sacro della cavità è emerso in seguito alla scoperta della cosiddetta “stipe interna”, un deposito di vasi miniaturistici accumulati in un’area circoscritta dell’antegrotta, presso una rientranza della roccia. Qui, impilati dentro anfratti presenti nella parete calcarea o deposti vicino ad alcuni macigni al suolo, erano stati collocati oltre trecento vasetti privi di qualsiasi funzione d’uso. Tale deposito intenzionale, situato nella parte più remota dell’atrio d’accesso al sistema sotterraneo, è la prova tangibile che antichi culti venivano praticati nella cavità. Un’evidenza che nel museo si è creduto utile valorizzare mediante la ricostruzione, ancora una volta in scala reale, della medesima stipe. Un uomo è rappresentato nell’atto di deporre un piccolo vaso dentro una frattura nella roccia, in un’area dove sono già presenti diverse decine di manufatti analoghi.
LE COLLEZIONI DI REPERTI
Gli scavi archeologici condotti nella grotta hanno permesso di recuperare diverse migliaia di manufatti appartenuti ai gruppi umani che, nel corso di varie epoche, hanno frequentato il luogo. Sono oggetti che ci sono pervenuti in condizioni di conservazione variabili, a volte frammentati e logorati dal tempo, a volte del tutto integri ed eccezionalmente ben conservati. Strumenti in pietra e osso si accompagnano ad oggetti in terracotta e metallo, fornendo un’interessante panoramica della cultura materiale connessa a tutte le epoche in cui l’uomo ebbe relazioni con la cavità, dalla preistoria alla protostoria, dall’età greco-romana all’epoca medievale. Una selezione importante di reperti archeologici provenienti dalla grotta e oggi custoditi in altri musei italiani, è offerta al visitatore grazie a videodocumentari e apparati multimediali interattivi.
Fondazione MIdA
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