Castelvolturno, un tempo solo Volturnum. Non fu un luogo né amato, né rinomato. Paludoso, sede dell’esercito romano nel periodo dell’assedio di Capua, colonia nel 194, distrutto dai Saraceni, entrò a far parte dei possedimenti di Capua nel 1461 ad opera di Ferrante d’Aragona.
Dal suo passato emergono ruderi in località Civita e la Torre di avvistamento presso il mare. La Chiesa dell’Annunziata con il portale marmoreo dà un tocco rinascimentale alla cittadina. Custodisce un prezioso pulpito di legno dorato del secolo XVI.
Ma è il fiume, il Volturno, che qui accanto ha la sua foce, il vero protagonista. È un fiume che, deviando, curvando, scorrendo per più di centottanta chilometri, taglia tutto il territorio casertano.
È un fiume rapido, profondo, torbido, che non conosce frequenti piene, ma quando i venti di scirocco spirano sciogliendo le nevi e impedendo il deflusso delle acque verso il mare, le conseguenze possono essere gravi. È un fiume denso di storia, quella garibaldina, indimenticabile, della battaglia del 1860.